Teatro

LONDRA, LA FILLE DU REGIMENT

LONDRA, LA FILLE DU REGIMENT

London, Royal Opera House Covent Garden, “La fille du régiment“ di Gaetano Donizetti
UNA FILLE IRRESISTIBILE
Verso la fine della stagione, in concomitanza della maggiore affluenza turistica, sul palcoscenico del Covent Garden si avvicendano le produzioni più attese. “La fille du régiment” con regia di Laurent Pelly, riproposta con il cast originale, è uno degli eventi da non perdere e, per quanto l’allestimento dopo la prima nel 2007 sia stato proposto anche a Vienna e New York, sprigiona una tale freschezza che abbiamo l’illusione che lo show si stia formando sotto i nostri stessi occhi. Assistendo allo spettacolo (di cui esiste una bella testimonianza in DVD) si comprende perché sia diventato un modello ideale per l’interpretazione musicale moderna, in quanto rende fruibile al pubblico di oggi, aggiornando l’ambientazione e i linguaggi ma senza stravolgere l’opera, lo svago e la gaiezza comunicativa che l’Opéra Comique offriva al pubblico borghese del XIX secolo.
La produzione, curata in ogni dettaglio, incanta per il ritmo teatrale travolgente, ma anche per il difficile equilibrio raggiunto fra belcanto e parlato, per come l’interazione fra gesto, parola e musica faccia ridere il pubblico con leggera ironia dall’inizio alla fine. Il parlato, adattato e riscritto, diventa un testo teatrale scorrevole che non altera la struttura originaria, ma contribuisce a dare l’illusione dell’improvvisazione e le battute che sembrano sgorgare spontanee, quasi innescate dal confronto con il pubblico in sala, rendono i personaggi più “veri” e interessanti.

La scena essenziale di Chantal Thomas funziona per dare massimo risalto al fluire di gags e situazioni: un accampamento militare adagiato su di una distesa di mappe geografiche che creano declivi come le montagne di carta di un presepe su cui sventolano i mutandoni del reggimento appesi alle corde del bucato; o nel secondo atto l’interno di un salone borghese visto di sbieco dove porte, stipiti, cornici sono incastonate nel vuoto. Oltre a un cast di eccellenti cantanti–attori, lo spettacolo è curato nelle controscene: divertenti gli attori travestiti da goffe cameriere che spolverano il salone della marchesa sulle note dell’interludio orchestrale, ironico e riuscito il tremolare ritmico degli invitati alle nozze, vecchi dal passo incerto usciti dalla naftalina e ingobbiti dal peso di parrucche e gioielli.

La produzione è stata tagliata “su misura” per Nathalie Dessay, per il suo temperamento e le sue doti sceniche: difficile riproporre la produzione senza di lei. La Dessay è veramente Marie, la ragazza di buona famiglia che, allevata dal reggimento, è diventata un maschiaccio irriverente dai capelli arruffati e il fisico androgino, che si diverte a saltare in groppa a Sulpice e “spara” perfetti sovracuti tenuta in aria in posizione orizzontale dai militari. Irresistibile mentre stira montagne di biancheria alternando passi di aerobica e movenze militaresche o quando gioca a fare la bambola meccanica durante la lezione di canto per ribadire che la femminilità non è nel vestito inamidato e si può essere coquette sbucciando le patate.
In un melodramma in bilico tra comicità e patetismo evoca la malinconica tenerezza di Charlot quando fa fagotto e nei momenti più elegiaci sprigiona uno charme insolito, ma molto francese,come l’Amélie di Audrey Tautou. Il resto del cast non è da meno e anche il tenorissimo Juan Diego Florez per una volta si lascia andare, dimostrando verve non comune e il suo Tonio, che ha tutta la spontaneità e goffaggine della giovinezza, è assolutamente perfetto.

Oltre al divertimento l’opera offre momenti di grande belcanto (fra tutti la girandola dei nove do tenorili per la gioia di tutti i melomani) e in questo caso l’eccellenza musicale ha contribuito a valorizzare le bellezze di una partitura spesso sottovalutata nel suo complesso.
Nathalie Dessay è forse più cauta e lo smalto non è quello di un tempo, ma tecnica e proiezione sono da fuoriclasse e la voce corre fluida incantando per le agilità nitide e la capacità di rendere inscindibili canto e parlato, sfruttando ogni nuance della lingua francese.
Il Tonio di Juan Diego Florez e la perfezione dei suoi acuti sono noti, ma in questa produzione dimostra ben altra maturità interpretativa e convince per un canto variegato e sensibile, che dà massimo risalto all’effusione lirica regalando pathos dall’inizio alla fine. E vorremmo risentire tutto da capo.
Alessandro Corbelli è un ottimo Sulpice per la comicità irresistibile e un canto nobile e brillante senz’ombra di sguaiataggine. Ann Murray è una Marchesa di Berkenfeld di classe, la voce non è più omogenea, ma sprizza british humour. Donald Maxwell è un Hortensius apprezzabile. Dawn French, nota attrice comica britannica, è una spassosa Duchessa di Crackentorp e diverte il suo modo di contaminare il testo francese originale con inflessioni tipicamente inglesi (un “franglese” opportunamente sopratitolato). Completano il cast Jonathan Fischer (il caporale), Luke Price (un paesano), Jean–Pierre Blanchard (il notaio).

Bruno Campanella, interprete sensibile del repertorio donizettiano, accompagna e sostiene il canto con grande delicatezza, regalando distensione ai cantabili e ai momenti elegiaci e di abbandono.
Un’orchestra duttile risponde con suoni morbidi e rotondi alle variazioni di ritmo e intensità richieste dal direttore e l’accompagnamento a “Pour me rapprocher de Marie” è magnifico. Di ottimo livello la prova del coro preparato da Renato Balsadonna. Un plauso al brillante movimento scenico di coristi e attori.

Una produzione davvero “cult”, possibilmente da vivere a teatro; inevitabile la standing ovation finale.

Visto a London, Royal Opera House, il 22 maggio 2010

Ilaria Bellini